Colomba di Pasqua, come scegliere quella giusta?
Semplicemente immancabile. Un simbolo prima ancora che una gustosa delizia per il palato. La colomba è l’emblema della Pasqua e non soltanto a tavola. Il candido uccello bianco fa volare sulle sue ali il messaggio di pace nel mondo. Il celebre dolce ne rievoca la silhouette ma all’eterea leggerezza dell’animale contrappone una livrea bruna e un cuore di sapore, piccola concessione a un innocente peccato. Di gola, ovviamente.
Storia della Colomba di Pasqua
Non è un caso che la storia di uno dei dolci italiani più noti abbia origini dibattute e non ancora del tutto chiarite. Prevale chiaramente il partito di quanti collocano senza tentennamenti i natali in Lombardia, più esattamente in quel di Milano dove già da tempo si era imposto un’altra eccellenza celebrata come il panettone. La versione che ha scalato tutte le classifiche di vendite è stata quella coniata intorno al 1930 da un noto pasticciere meneghino che aveva già commercializzato il “pan de toni”.
Ma alcune fonti fanno risalire le radici del prodotto molto più indietro nel tempo, addirittura al settimo secolo dopo Cristo quando l’Italia del Nord era occupata dai Longobardi. La leggenda vuole che sia stato l’abate irlandese San Colombano, invitato a pranzo dalla regina Teodolinda, a trasformare con un prodigio le portate di carne servite a tavola in candide colombe di pane. Storie che aggiungono suggestione al gusto.
Tipologie di colomba pasquale
La evidente assonanza con il panettone, una parentela strettissima si direbbe, fa propendere comunque per i natali più recenti. Analogo l’impasto con le uova tipiche del periodo pasquale a tingere la bianca farina e il burro dell’inconfondibile nuance giallina. La frutta candita come unico ripieno è un altro punto di contatto con il dolce “cugino” lombardo mentre la glassa zuccherina potrebbe essere giunta solo in un secondo momento. E le mandorle? Oggi imprescindibili, pare che abbiano fatto la comparsa sul dolce qualche tempo dopo il debutto.
Mandorle che invece sono sempre state protagoniste in una versione del dolce nata a un migliaio di chilometri di distanza. In Sicilia fin da epoche lontanissime a Pasqua si usa confezionare dolci di pastaforte dalla tradizionale sagoma d’uccello. Più piccoli dei prodotti milanesi ma molto più corposi con lo zucchero che non fa da semplice comparsa bensì è attore protagonista. E per evocare la rinascita nell’impasto viene tuttora inserito qualche uovo intero non sgusciato. L’effetto è molto scenografico.
Colomba con i canditi
E’ il grande classico, la colomba per antonomasia. Perlopiù scorze d’arancia e cubetti di cedro, ma nel tempo pezzi di altri frutti zuccherati si sono uniti all’impasto incontrando anche i gusti di quanti non li avevano mai graditi.
In commercio è possibile trovare sempre più diffuse versioni con albicocche o ciliegie. I più arditi si spingono fin sui lidi esotici dell’ananas e del kiwi. Per andare sul sicuro, specie nel caso dobbiate regalare il prodotto, meglio restare sull’agrume. E’ comunque fondamentale che nella scelta della colomba diate la giusta attenzione alla qualità di questi ingredienti dai quali dipende molto spesso la gradevolezza dell’intero dolce.
Colomba con il cioccolato
I puristi arricceranno sdegnosi il naso. Se i forni della tradizione continuano a dare credito solo all’ortodossia della farina con uova, zucchero e (pochi) canditi, gli scaffali delle rivendite pullulano ormai di innovative colombe ricoperte o farcite di cioccolato.
Una profanazione che eserciti di buongustai si concedono senza senso di colpa alcuno. La patina di ottimo fondente che riveste il dolce da forno è la versione più conosciuta. Ma da tempo si sono imposte anche le candide colature del bianco, e si impongono all’attenzione dei golosi le produzioni di alta pasticceria che utilizzano solo cacao in purezza o a denominazione d’origine.
Colomba aromatizzata
Sulle prime in pochi accetterebbero uno snaturamento così plateale, almeno in apparenza. Le colombe ripiene di crema o aromatizzate al liquore sembrano distanti anni luce dal dolce semplice nato molti anni fa. Ma non ci si deve far paralizzare dall’abitudine. Gli effluvi languidi del Grand Marnier o del Baileys, solo per fare qualche esempio, possono conquistare anche i più riottosi. E l’uvetta imbevuta nel franciacorta o in una calda e dolce birra d’abbazia, perché non dovrebbe poter accompagnare uova, burro e farina?
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